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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Giornosofia 24 - A come Alfabeto

L’abbecedario di Giornosofia si conclude con la A di Alfabeto. Abbiamo scelto un abbecedario, dalla Z alla A, anche per giocare su un concetto che è caro proprio alla pratica alfabetica, quello della linearità. La scrittura alfabetica è la traduzione della voce, un invisibile che risuona attorno a noi, in una linea che mostra il prima e il dopo. Nella scrittura alfabetica non esiste visione d’insieme, a differenza dell'opera d’arte figurativa nella quale posso essere colpito prima da un’immagine in alto e poi da una in basso o viceversa. E poi colgo il senso guardando il dipinto nel complesso. Se leggo alfabeticamente, per comprendere devo percorrere la linea in un verso, c’è un prima e un dopo. Esiste un ordine da rispettare, a partire da quello alfabetico. Se la nostra civiltà ha un concetto di tempo lineare nel quale si procede da un inizio verso una fine, a differenza di altre civiltà che si basano su una visione ciclica della storia del mondo, non si può non tener conto della nostra consuetudine nel leggere in una sola direzione, nel trovare il senso della realtà definendo ciò che sta prima e ciò che sta dopo. La questione della filosofia, se non "la", senz'altro una delle questioni cruciali, resta dunque quella del linguaggio, del logos. Come possiamo dire il mondo (e quindi anche noi stessi) se non attraverso il linguaggio, cioè una rappresentazione? Come possiamo comunicare con gli altri se non per tramite di esso? Eppure tutti noi percepiamo che le parole non sono le cose, le immagini, i segni non sono le cose. La parola "amore" non basta a descrivere il sentimento che provo verso chi amo. Ma dove sono queste cose che non possono essere dette o raffigurate? In fondo la questione metafisica è tutta qui. Cercare di definire l’essenza delle cose, dire cos’è ciò che c’è oltre il linguaggio. Una giornosofia non può non tenere conto di questo paradosso fondativo: abbiamo solo il linguaggio per dire il mondo, ma il mondo non è solo il nostro linguaggio. Torniamo perciò alla questione del rapporto tra soggetto e mondo, tra soggetto e alterità. La grande difficoltà metafisica consiste nel faticare ad andare oltre all’essere e al non essere, oltre all’interrogarsi su chi siamo noi (mentre si dovrebbe prestare maggiore attenzione su cosa facciamo noi). Per una mente alfabetica come la nostra è però arduo riuscire a pensare senza copula, senza usare il verbo essere. Senza immaginare che dentro di noi e là fuori esista qualcosa, siamo convinti che dicendo, definendo, studiando, analizzando (il sogno metafisico che diventa sogno scientifico), possiamo cogliere l’essenza delle cose, dell’universo, del mondo. Attenzione, non vogliamo dire che sostituendo l’alfabeto con gli ideogrammi o i geroglifici la nostra vita sarebbe migliore o peggiore. Diciamo che noi siamo anche una mente alfabetica e dobbiamo tenerne conto, così come dobbiamo tenere conto dell’essere bipedi, di avere i pollici opponibili e di possedere percezioni sensoriali. Anche l’evoluzione della comunicazione in forme sempre più visuali (dalla tv a internet), comprese le stories sui social network e le emoticon, non deve farci pensare che siamo di fronte a una civiltà post-alfabetica. Ma soprattutto non dovrebbe interessarci definirla, dire cos’è o cosa non è, ma comprendere invece cosa accade, cosa facciamo, quando usiamo i linguaggi. Non dobbiamo pensare che ci salverà un nuovo alfabeto o un nuovo linguaggio. Primo perché non c’è niente da salvare, non c’è nessun destino, nessun inesorabile gorgo nel quale precipitare, come peraltro nessuna reale Terra promessa alla quale anelare. Secondo perché ogni alfabeto, ogni linguaggio, rappresenta un proprio mondo, ma il resto rispetto alla realtà non sarà mai zero, ci sarà sempre uno scarto irrappresentabile (e il paradosso è che esiste proprio perché lo rappresentiamo: non c'è scarto senza rappresentazione, non c'è rappresentazione senza scarto). Quale esercizio filosofico vi invito a disegnare una emoticon (le faccine che usiamo nelle chat) che non esiste (tra quelle normalmente codificate) e che esprime per voi un determinato sentimento od emozione. Poi fatela vedere a parenti, amici o colleghi, se avete l’occasione anche ad estranei, e appuntatevi cosa dicono, quali emozioni vi scorgono.

Scoprirete che costruire un linguaggio (anche figurativo) è sempre arbitrario, che non tutti interpretano ugualmente i segni, che ogni alfabeto è un’invenzione, un atto d’amore, è donare fantasia, fantasmi e desideri a un insieme di regole e codici. Perciò arrivati dalla Z alla A, l’abbecedario potrebbe ricominciare con la A di Amore. Ma ora che abbiamo un alfabeto, possiamo a iniziare a costruire le nostre parole, le nostre frasi.

Il video di Giornosofia 24, più o meno le stesse cose dette alla videocamera.

Il podcast di Giornosofia 24 - A come Alfabeto lo trovate qui assieme agli altri. #giornosofia #alfabeto #amore #linguaggio

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