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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Giornosofia 21 - D come Desiderio

L’abbecedario di Giornosofia giunge alla D come Desiderio. L’abbiamo già sfiorato e incrociato nelle scorse puntate. La Gioia quale appagamento del desiderio, la ricerca e quindi il desiderio della Felicità, il desiderio dell’unità, dell’origine che ci pone nella condizione dell’Esilio.

Il desiderio è uno dei grandi motori della nostra umanità, quel desiderio che i filosofi hanno spesso indicato come il mondo delle passioni. Una vita saggia dovrebbe riuscire a vivere le passioni senza divenirne schiava. Già, ma non è il soggetto l’unico a desiderare, ci sono anche altri soggetti che desiderano. E quindi cosa accade quando i desideri, le passioni, si incontrano, si scontrano?

In fondo l’etica umana è solo un infinito discorso sui nostri desideri, come gestirli, come affrontarli. Abbandonarsi a essi, seguire l’imperativo di godere, come volevano i libertini e il marchese De Sade? Oppure cercare di astrarsene, di non esserne in balia, come cercavano di realizzare le scuole ellenistiche? La libertà nel desiderio o dal desiderio?

Cos’è il libero arbitrio se non la convinzione di poter dire sì o dire no alle proprie passioni, desideri, pulsioni?

Però il desiderio non è solo passione o pulsione, non è solo un istinto, il desiderio non è solo fame, sete, sesso, possesso. Il desiderio è l’attrazione per una fantasia particolare. Noi non desideriamo mangiare, desideriamo quel sapore che abbiamo nella mente e che ci ricorda un gusto di quella volta che. Noi non desideriamo del generico sesso, ma un rapporto con quella persona sulla quale abbiamo fantasticato (magari anche solo pochi secondi prima).

Nel desiderio c’è sempre un elemento di proiezione. Lo psicanalista Bion invitava i suoi colleghi a praticare il rapporto con il paziente, la seduta, “senza memoria e senza desiderio”. Potremmo con una battuta immaginare che sognava una terapia in grado di creare una sorta di bolla spazio-temporale, un qui e ora, dove non esistono proiezioni né nel passato, né nel futuro. Mentre solitamente noi ci rapportiamo in base a pregiudizi, memorie, ricordi, abitudini e pensando a cosa farò dopo di quell’esperienza o a quando finirà.


La questione è: possiamo eliminare il desiderio e restare umani, sacrificare l’Io senza trasformarci in un’animalità priva di storia e di mondo, di spazio e di tempo? E poi desiderare l’estinzione del desiderio non è pur sempre un desiderio?


La risposta deve partire dallo smontare una convenzione: non esistiamo noi e il mondo e poi c’è il desiderio, che sarebbe la tensione tra noi e il mondo (e se siamo tanto bravi possiamo annullarla). Il fatto è invece che si desidera, e in base a questo desiderare rappresentiamo chi siamo (soggetto) e cosa vogliamo (oggetto). L’unica cosa che possiamo fare è prenderci carico, cura, essere responsabili dei nostri desideri. Non compiacerli ma esser loro fedeli, rispettarli (e a volte il rispetto è anche dire preferirei di no), valutarne le conseguenze. Così come siamo gettati nella condizione dell’esilio, siamo gettati nella condizione del desiderio.


Da un lato dobbiamo essere fedeli al desiderio, divenire ciò che siamo, dall’altro non sappiamo qual è il nostro desiderio, poiché quello che desideriamo è frutto di ciò che siamo diventati, e lo siamo diventati perché siamo bipedi, cresciuti in un certo luogo, in un certo ambiente, che hanno imparato certe cose, ecc. Come possiamo scegliere il desiderio se noi stessi siamo da sempre scelti? Siamo cioè frutto di una serie di scelte, di bivi, di accidenti, di incontri con la realtà mondana, si veda la condizione di esilio della scorsa puntata.


Qual è l’esercizio di giornosofia che vi propongo? Pensate a un vostro desiderio. Non a quello del gelato al pistacchio, ma a qualcosa di potenzialmente radicale per la vostra esistenza. Ebbene, per capire se va corrisposto, e fino a che punto, dovremmo fare due esercizi. Il primo è una genealogia del desiderio: come mi è apparso, quando e cosa ne ho fatto? Il secondo è farne una previsione: quali sarebbero le conseguenze della fedeltà al desiderio?

Sono due esercizi difficili da affrontare da soli, senza preparazione filosofica, per cui sarebbe meglio avvalersi all'inizio di un consulente filosofico. E questo perché sono esercizi inutili per trovare la verità del desiderio, perché ogni genealogia è sempre in divenire, è una ricostruzione a posteriori, non cattura l’origine, così come ogni previsione è un tirare dadi. Eppure in questo modo entriamo in confidenza con il desiderio, lo manipoliamo, lo facciamo nostro, non lo percepiamo più come qualcosa che ci invade senza senso o al contrario come l’unico senso.

Si tratta di instaurare una relazione amorosa con il nostro desiderio: l’attrazione che non diventa annichilimento, la passione che convive con il rispetto.

Buon corteggiamento.

Ci ritroviamo alla C.

Il video di Giornosofia 21, più o meno le stesse cose dette alla videocamera.


Il podcast di Giornosofia 21 - D come Desiderio lo trovate qui assieme agli altri.

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