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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Giornosofia 4 - Z come Zoo

Iniziamo oggi l’abbecedario di Giornosofia. Ha la particolarità di iniziare dalla Z, cioè dalla fine. Questo per ricordarci che ogni filosofia è una filosofia dalla fine.

Come scriveva Hegel nella celebre analogia, la filosofia è come la nottola di Minerva, il rapace notturno che si leva in volo solo al crepuscolo, quando le cose sono già accadute e va a vedere cos’è successo.

Questo non vuol dire che è solo una cronista o un’investigatrice che cerca di scoprire la verità, le cause a posteriori, ecc.. No, a dispetto dei filosofi che hanno contribuito a creare ideologie, a fondare sistemi basati su principi, essa dovrebbe essere un sapere delle conseguenze, cioè in grado di praticare il dialogo tra gli umani a partire dall’analisi degli effetti dei loro pensieri, delle loro azioni. Poiché di buone intenzioni, si sa cos’è lastricato.

Ma torniamo al nostro abbecedario. E alla Z come Zoo. Zoo, a tutti noi, credo faccia venire in mente il giardino zoologico, dove si vanno a vedere le bestie feroci, come cantava Jannacci. La parola deriva dal greco e rimanda al termine zoé. I greci avevano due termini per indicare il concetto di vita: zoé e bìos. Il primo indica la vita a livello animale, quella che tutti noi abbiamo in quanto veniamo concepiti, nasciamo, cresciamo, moriamo, dormiamo, ci nutriamo, ci riproduciamo, ci muoviamo. Un aspetto che condividiamo con tutti gli altri viventi, in particolare del mondo animale. Il nostro essere degli automi, cioè dotati di un corpo che si muove da sé. In questi tempi di epidemia ci è forse più facile percepirlo perché ci sentiamo parte di una lotta tra esseri, specie, organismi; nella quale è in gioco innanzitutto la nostra sopravvivenza, la nostra possibilità di movimento, non solo come individui, ma come comunità, come specie. E dove ci preoccupiamo innanzitutto della salute, cioè di preservare la zoé, l’essenza vitale nei nostri corpi.

Bìos è invece la nostra vita come persone, come entità che hanno un determinato corpo vivente (dotato di zoé), ma anche pensieri, personalità, capacità razionali, ecc.. Caratteristiche che riconosciamo agli esseri umani. Di questa vita, parleremo la prossima volta.

Oggi parliamo della zoé e per farlo partiamo dalla cronaca. Nella città dove vivo, Verbania, l’altro giorno sono stati segnalati, con tanto di foto sui social media, una pecora e un agnellino aggirarsi per le strade, poi sono stati ritratti anche davanti a una chiesa.

La scena surreale, unita al fatto che non possiamo uscire di casa, mi ha fatto venire alla mente il film di Luis Buñuel L’angelo sterminatore (1962). Una famiglia dell’alta borghesia per un inspiegabile motivo si trova bloccata in casa con i suoi ospiti, gli unici che paiono poter entrare e uscire sono gli animali, comprese delle pecore.

Cosa vuol dire? Lo spirito anarchico di Buñuel voleva probabilmente mostrare le ipocrisie delle convenzioni borghesi e come possano venir meno di fronte all’affiorare delle pulsioni? oppure semplicemente lasciar parlare la potenza delle sue immagini surreali? Non è questa l’occasione per fare critica cinematografica.

Una lettura filosofica non può però non sottolineare il fatto che le pecore (gli animali) possono muoversi dove non passano gli uomini e le donne (nemmeno dall’esterno gli esseri umani riescono ad entrare nella casa).

La vita animale, la zoé, si dimostra più efficace in certi casi della bìos. La “pura” animalità riesce a muoversi perché se ne infischia delle convenzioni, delle aspettative. Per dirla con Nietzsche gli animali non hanno storia, vivono in un eterno presente. Il desiderio non è proiettato ma vissuto nell’immediatezza.

Ed eccoci all’esercizio filosofico di oggi. Come riescono i protagonisti del film a uscire dalla casa? A un certo punto si mettono a ripetere i gesti che stavano facendo quando tutto è iniziato. Come gli animali ripetono i propri atti inconsciamente, il famoso ciclo della vita, così i borghesi dopo giorni di clausura ed esplosione degli istinti, ritornano a un livello animale di ripetizione. Quando escono però tornano a ripetere le convenzioni borghesi in chiesa e allora ecco che… (non vi svelo il finale).

È come se ci fossero due livelli di ripetizione. Uno è quello animale, fuori dall’ordine cronologico, dal tempo, che vive il momento, mangia perché ha fame, dorme perché il sole tramonta, ecc. (gli animali possono perciò essere imprigionati solo da gabbie fisiche). L’altro è quello della ripetizione frutto delle convenzioni sociali, della cultura, della tradizione, e così via. Sono le gabbie mentali che da un lato ci proteggono, ci rassicurano e dall’altro ci limitano. Come esercizio vi propongo di scrivere tre cose che, quando sarà finita l’emergenza sanitaria, non ripeterete più. Tre cose che eravate abituati a fare ogni giorno per cultura o convenzione e che in questo periodo di quarantena avete capito potete farne a meno.

Vi congedo con una domanda. Ma allora per essere liberi dobbiamo vivere come animali, cancellare bìos e tenere solo zoé? Ne parleremo la prossima volta. Il video di Giornosofia 4, più o meno le stesse cose che avere letto

Il podcast di Giornosofia 4 lo trovate qui assieme agli altri. #giornosofia #filosofia #zoo #ripetizione #animali

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