top of page
  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Giornosofia 17 - H come Hopscotch

L’abbecedario di Giornosofia arriva alla H come Hopscotch, il nome non dice molto a chi non è di cultura anglosassone, ma è un gioco familiare in tutto il mondo.

Solo che in Italia si chiama Campana o Mondo, ma anche in altri modi, in spagnolo si dice rayuela, in francese marelle, in tedesco Himmel e Hölle (Paradiso e Inferno) e ogni Paese ha il suo modo di chiamarlo. Le sue origini sono ignote ma senz’altro antiche (ve ne sono tracce anche in scavi di epoca romana). Per noi è il gioco del mondo ed è quindi un buon esempio per affrontare il tema del gioco come esperienza di vita.


Il gioco è un’attività difficile da definire. Uno degli elementi principali è la sua gratuità, nel senso che il gioco viene praticato per il piacere in sé dell’atto e non per una sua utilità pratica. Certamente esistono giocatori professionisti e affari milionari attorno ad alcuni giochi, vi sono funzioni sociali e sue utilità relazionali, ecc.; il gioco però, come l’arte, ha la caratteristica di non produrre niente di percepito come utile. Non produce beni che si mangiano, strumenti o altri artifici, non serve a costruire case, a fornire informazioni o altri servizi per la gestione di infrastrutture, e così via.


Inoltre il gioco può essere d’abilità, ma spesso ha una certa dose di casualità, di alea, di fato, di sorte che porta con sé. "Le carte non girano", "La palla è rotonda" e così via.

Il gioco non è solo un gioco, ma viene preso dai partecipanti come rito, con regole che vanno applicate seriamente. Non è raro essere più flessibili nell’interpretare le regole sociali di quelle del gioco. Peraltro, il gioco sospende generalmente le altre regole, i ruoli, le identità presenti (reali) al di fuori della sfida. Quando si gioca non si è più genitori o figli, avvocati od operai, ingegneri o colf, si è nel gioco. Valgono le regole e il ruolo che si sono scelti nel gioco.

Infine, ma non sarebbe finita, si può giocare con altri, contro altri, per sfidare se stessi o il fato. Il gioco è una complicata struttura di relazioni. Vi è senz'altro nel gioco, dal punto di visto antropologico, qualcosa di simile al rito religioso.

Ma torniamo al gioco del mondo. Agli amanti della letteratura ricorderà senz’altro il titolo dell’opera più nota dello scrittore Julio Cortàzar. L’analisi di quest’opera a incastri, che si può leggere saltellando avanti e indietro per il volume, ci porterebbe molto lontano. Rimaniamo al gioco che conosciamo tutti (Campana o Mondo). Per praticarlo con successo occorrono dell'abilità quelle di mirare e lanciare il sasso su una determinata casella e poi di saltellare su una gamba, ma ovviamente anche una dose di fortuna affinché il sasso non rimbalzi su qualche asperità celata nel terreno o a causa di un’irregolarità sulla sua superficie.

Quello che ci interessa rilevare è che si tratta di un gioco di viaggio, c’è un’andata e un ritorno, c’è un cammino da fare. Può sembrare inutile come ogni gioco: perché saltellare per tornare al punto di partenza?


Hopscotch è un gioco di equilibrio e precisione, necessita conoscenza del proprio corpo, percezione dello spazio. Potremmo viverlo come un percorso nel quale dobbiamo sapere trovare sempre il giusto equilibrio. Ecco quindi che il gioco inutile può rivelarsi un prezioso esercizio sull’equilibrio, sul procedere per tappe. Perché una delle altre caratteristiche del gioco è che una cosa fatta per gioco viene appresa prima di una spiegata teoricamente.

Perciò l’esercizio filosofico di oggi è: giocate. Se ne avete la possibilità proprio a Mondo. Disegnate la campana, tracciate i numeri e provate a saltellare.

Io vi aspetto alla G.


Il video di Giornosofia 17, più o meno le stesse cose dette alla videocamera.


Il podcast di Giornosofia 17 - H come Hopscotch lo trovate qui assieme agli altri.

bottom of page