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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Giornosofia 15 - L come Lavoro

Siamo giunti alla L come Lavoro. Nascita e Morte segnano i confini della vita, quello che ci sta in mezzo è il Lavoro. Lavoro inteso in senso antropologico, quale specifica caratteristica dell’essere umano. Lavoro come afferrare (la probabile etimologia) e come sofferenza, trauma (l’etimologia in altre lingue). Una condizione primordiale raccontata dal mito della cacciata dall’Eden.


L’uomo a differenza degli altri animali utilizza strumenti non in maniera accidentale, è capace di ricordarsene, di tenerli da parte, di affinarli e di costituirsi come soggetto a partire da quell’esperienza. Siamo le nostre competenze, le nostre abilità, siamo quello che sappiamo fare e così via.


Quindi il lavoro va inteso come manipolazione del mondo, con la conseguente creazione/raffigurazione di un mondo (che emerge da quell’esperienza) e la costituzione di un rapporto tra noi e il mondo (noi, quali esseri umani e non semplici viventi, nasciamo ed esistiamo a partire da questo rapporto). Tutto ciò è presente anche nel nostro essere quotidiano. Dall’accudimento alla produzione, passando per la spiegazione, noi ci alziamo e lavoriamo, modifichiamo/perturbiamo il mondo circostante.


Il lavoro è però prevalentemente valutato nella nostra società per l’aspetto socio-economico. Una dinamica egregiamente descritta nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel nelle pagine sulla dialettica servo-padrone. La riassumo brutalmente. Il padrone non ha paura di morire e combatte, il servo si mette a sua disposizione affinché lo protegga, il padrone comprende però che finisce con il dipendere dal servo (è il lavoro di quest’ultimo a produrre i beni di cui necessita il padrone). Il lavoro diventa quindi la chiave per affermare la propria soggettività e di conseguenza ottenere la libertà.


Questo movimento dialettico che affascinò molti pensatori dell’Ottocento, a partire da Marx, è però ancora valido quando l’automazione (hardware e software) rende non umano il servo? La nostra società ha ancora bisogno di servi? Senz’altro ce ne sono ancora a migliaia nel mondo, ma le dinamiche sono sempre più complesse. Ci servono dei servi produttori e/o dei servi consumatori? Nel secondo caso l’importante è infatti che abbiano un reddito, non è necessario che producano.


Ci serve che stiano in catena di montaggio (taylorismo-fordismo), che si sentano in una famiglia-azienda (toyotismo) o che se ne stiano a casa loro evitando lo sviluppo di empatie di classe con conseguenti rivendicazioni (smart working)?


Sono i temi che si dovrebbero affrontare quando si parla di liberazione dal lavoro e del lavoro.

Sono temi complessi da affrontare ed esaudire in una semplice lettera di abbecedario. Perciò torniamo ai nostri esercizi filosofici, torniamo al valore antropologico del lavoro. Produttivo o meno che sia, noi continuiamo a modificare il mondo, ad apprendere competenze e abilità, a metterci alla prova.

Visto che nelle ultime puntate abbiamo citato l'opera del regista Ridley Scott Blade Runner (in fondo i replicanti sono lavoratori in versione n.0) proviamo a realizzare un unicorno con la tecnica origami (l’animale fantastico nella versione pieghettata di carta compare nell’ultima scena della versione Final cut del film) ed è la chiave per comprendere che si può essere replicanti a propria insaputa, e che ciò non limita però il libero arbitrio.


Le istruzioni per realizzarlo le trovate qui (ma in rete ne potete trovare anche altre simili):

Buon lavoro. Vi aspetto alla I.


Il video di Giornosofia 15, più o meno le stesse cose dette alla videocamera.


Il podcast di Giornosofia 15 - M come Morte lo trovate qui assieme agli altri.



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