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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Ripetere il Novecento

Fine settimana con temperature in rialzo e bel tempo sull’Alto Piemonte.

Il barometro del giovedì marca invece il tempo cronologico.

Si tratta di una questione generazionale. Chi, come me, si aggira attorno ai 50 anni, resta un figlio del Novecento.


Certamente, la società del XXI secolo - edonista, iperconnessa e al contempo individualista - è frutto dell’opera di esponenti di generazioni nate nel secolo scorso.

Generazioni cresciute in periodi storici nei quali la rete più importante non era internet (che non esisteva) ma quella sociale, statale o sussidiaria che fosse.

Una società nella quale lo spaesamento dell’Io, di fronte alla società di massa, generava arte e non era preso come un dato di fatto.


Penso, perciò, che alle nostre generazioni, epigone del Novecento, spetti la missione non di superarlo, ma di ripeterlo, non nel senso di riviverlo, ma accade a scuola quando si ripete l'anno. Occorre provare a imboccare quelle strade che furono lasciate indietro.

Non quelle che furono sconfitte, ma quelle dimenticate. Per esempio, prendere sul serio il messaggio delle avanguardie di un secolo fa, anziché farci mostre antologiche.


L’unica missione novecentesca sarebbe quella di seppellire definitivamente lo spirito museale sette-ottocentesco e trasformarlo in azione sperimentale. Vivere la cultura, la società, la quotidianità come un grande esperimento, che non ha un prima e un dopo, ma che li scopre durante.




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