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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Qualcosa di marcio

Sabato e domenica di cieli sereni sull’Alto Piemonte. Il barometro del giovedì legge le cronache di guerra che ci ricordano che si può combattere per un dio, per la patria, per la famiglia, per il denaro, per il potere o per spedire a casa un notebook rubato alla propria vittima.


Il risultato è però sempre una violenza distruttiva su persone, animali e cose, che non conosce leggi, nemmeno quelle che nei secoli i codici degli eserciti hanno cercato di darsi. Eppure.

Leggevo un’intervista a un celebre neuroscienziato (Damasio) che spiegava perché l’intelligenza artificiale non è come quella umana: perché non ha sentimenti. Per Damasio, semplifico, lo sviluppo dei sentimenti nella specie umana è alla base dello sviluppo di un’autocoscienza e questo processo è strettamente interconnesso alla struttura organica della nostra mente. Si può condividere o meno l’analisi scientifica di Damasio, però il punto è sempre quello.


Chi arma la ferocia? Chi ci fa andare oltre gli ordini, nel bene o nel male, nel essere più lealisti del re o a disertare? I nostri sentimenti (cioè come noi diamo senso alle emozioni).

Per cambiarli da distruttivi a costruttivi, non ci sono leggi, editti o formule magiche, dobbiamo educarci a un mondo che contempli anche gli altri come esseri dotati di sentimenti e di diritti.


Ma se noi cambiamo visione e la realtà si ostina invece a riproporci la stessa? Se porgiamo l’altra guancia e ci crocifiggono? Che c’era qualcosa di marcio in Danimarca (e non solo), lo si sa, almeno, dai tempi di Amleto. Perché ciò che è organico: matura (a volte), marcisce, si spera rinasca.





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