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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Resto a casa: necessità o scelta?

Fine settimana con previsione di cieli sereni o poco nuvolosi sull’Alto Piemonte.

Il barometro del giovedì punta invece all’attualità.

La nuova crescita della diffusione della pandemia sta portando a nuovi appelli al "restiamo a casa", sempre più tradotti in divieti.


È un’ovvietà dire che meno contatti tra persone ci sono e più diminuiscono i contagi ed è però altrettanto ovvio che senza contatti gran parte della nostra socialità e della nostra economia non può esistere (l’abbiamo sperimentato solo pochi mesi fa).


È inoltre indubbio che esiste da parte di governi e amministrazioni la scelta di una narrazione volta a responsabilizzare il cittadino ("chiudiamo perché vi sono comportamenti che diffondono l'epidemia"). Può essere letta come una forma di scaricabarile, una scusa non richiesta di fronte alla difficoltà o incapacità di governare le situazioni di crisi.


È altrettanto vero che parte della società per scelta (negazionisti) o superficialità/comodità ha comportamenti che durante un’epidemia andrebbero evitati (dal non uso della mascherina al ritrovarsi in molte persone a contatto in modo prolungato).


Perciò il “resto a casa” può certamente avere anche questa funzione di propaganda politica (il messaggio è: "se le cose vanno in vacca è colpa tua, individuo, o di altri individui che non rispettano le regole, gli untori"). Però.


Però i mesi del lockdown credo che ad alcuni abbiano rivelato la verità dell’hikimori (quei giovani, soprattutto giapponesi, che se ne stanno rinchiusi in camera tutto il tempo). Restare a casa può essere una scelta (e non una necessità emergenziale) quando ti accorgi che fuori non c’è molto da perdere, che il mondo va avanti senza di te, che il modello di cultura, divertimento e aggregazione è basato su un’ideologia che ti impone di godere, di essere sempre al top, di consumare.


Restare a casa, si era detto, doveva servire per pensare un’alternativa al nostro modello di vita e di sviluppo, troppo spesso alienante e generatore di diseguaglianze (che esplodono in violenze in questi giorni, ma che esistevano da ben prima del diffondersi del virus). Invece abbiamo sperato solo che passasse la nottata per tornare a vivere lo stesso giorno di prima. Su questo tema (svegliarsi sempre nello stesso giorno) ci han fatto più di un film (uno doveva uscire in questi giorni) nei quali si scopre che rivivere lo stesso giorno è quasi sempre un incubo.


Quindi, se dobbiamo o dovremo restare in casa, questa volta, perché non pensiamo a come ripartire in un mondo più giusto, e non solo ai giorni che mancano al ritorno al passato?


N.B. è ovviamente un appello rivolto innanzitutto alle forze politiche e sociali, ma anche al pubblico dibattito. Un piccolo stimolo al dibattito. Come possiamo avere un fisco più equo? Come possiamo calcolare valore e ricchezza non solo in termini di denaro? Come possiamo offrire a tutti le stesse opportunità, a partire dalle donne al lavoro?


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