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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Non ci resta che perderci

Nel fine settimana previsti cieli sereni sull’Alto Piemonte e temperature minime prossime allo zero.

Il barometro del giovedì parte invece da “Non ci resta che piangere”, il film icona delle risate all’italiana per una generazione cresciuta negli anni Ottanta. Puntualmente, la pellicola viene riproposta dalle tv generaliste nel periodo delle feste natalizie (è avvenuto anche nelle scorse settimane).


Ebbene, non avremmo riso così tanto con Benigni e Troisi se 40 anni fa ci fosse stato Google Maps. L’escamotage narrativo del film nasce dal fatto che i due protagonisti si perdono imboccando una presunta scorciatoia per evitare un passaggio a livello. “Ma la conosci la strada?” chiede Saverio a Mario.


Oggi, invece, aprirebbe l’app sullo smartphone e ogni dubbio sarebbe risolto. Visione satellitare, street view: possiamo sapere in anticipo anche se incontreremo case dalle pareti gialle o rosa.

Abbiamo guadagnato molto in praticità, ma abbiamo perso la possibilità di perderci. E siccome l’errare (nel senso sia di sbagliare, sia di vagare) è una delle caratteristiche dell’essere umano, potrebbe essere un gran peccato.


Ogni tanto, bisognerebbe spegnere le mappe digitali e fermarsi a chiedere un’indicazione, bussare a una locanda senza sapere qual è il giudizio su Tripadvisor, non sapere se arriveremo all’ora programmata.

Certo, si rischia di perdere tempo, di fare brutti incontri ma anche di rinunciare a conoscenze indimenticabili o sorprendenti. Ci si guadagna quel piacere che si mischia al brivido, il timore e la sorpresa di vivere in un mondo di imprevisti. Incerti ma liberi.


Poi, a volte accade di perdersi anche con Google Maps, che ti propone scorciatoie da Camel Trophy, per evitare un ingorgo autostradale. Ma questa è un’altra storia. Oppure la conferma che l’imprevisto che lasciamo fuori dalla porta, prima o poi entrerà dalla finestra.


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