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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Mezzo pieno, mezzo vuoto

Fine settimana con cieli ancora sereni sull’Alto PIemonte.

Il barometro del giovedì s’interroga invece sull’epoca del se.

Ho la sensazione che il periodo pandemico abbia accentuato la predisposizione delle nostre comunità a lamentarsi dell’impotenza di agire.


Si tratta di un meccanismo utile ad accettare la realtà e allo stesso tempo sfiancante.

Lo definirei velleitarismo rassegnato. Esistono le persone velleitarie, i Don Chisciotte pronti a imbarcarsi in imprese difficilmente risolvibili, e le persone rassegnate, pronte a fare di necessità virtù.


La tendenza contemporanea è un mix delle due personalità. Si proclama che le cose così non vanno, che si vorrebbe cambiare così e così, ma poi si antepone un se o un ma.


Come a dire: io sarei per fare questo e questo, potrei farlo, dovremmo farlo, ma le condizioni sociali e storiche, gli ostacoli politici, il fato, i nemici, i complotti, gli amici e i parenti, sino ad arrivare alle cavallette del Belushi nei panni di Jake Blues, non lo consentono.


Il risultato da un lato è rassicurante, serve a giustificare il perché non vogliamo mettere a rischio ciò che abbiamo, dicendoci che le cose vanno così e che non è colpa nostra, dall’altro lato però genera frustrazione e senso d’impotenza.


È come un’altalena percettiva in cui continuiamo a vedere alternativamente e ossessivamente il bicchiere della vita sia mezzo pieno, sia mezzo vuoto. Il problema è che per continuare a vederlo così, rinunciamo a bere.



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