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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

L'interrogazione

Nell’Alto Piemonte è prevista una fine di settimana ancora senza precipitazioni e dai cieli prevalentemente nuvolosi.

Il barometro del giovedì nota che, come ogni crisi che si rispetti, anche quella ucraina vede il moltiplicarsi degli appelli. Come a scuola, l’appello è un momento fondamentale, serve a dire che esisto. E dopo l’appello può arrivare l’interrogazione. La differenza è che nella vita non sempre aver studiato può bastare a superarla.


Fuor di metafora: per quanto mi riguarda, sottoscrivo tutti gli appelli che volete per il cessate il fuoco, anzi, propongo una risoluzione mondiale per l’abolizione dei confini nazionali e della parola popolo, affinché i conflitti tra gruppi di persone si risolvano in duelli a tennis, bridge o braccio di ferro.

Però, se e quando mi trovassi a essere interrogato direttamente dalla tragedia di una guerra, non so se mi arrenderò, fuggirò o combatterò, se considererò più importante sopravvivere, difendere un ideale o proteggere le persone che amo.


A differenza di molti che scrivono e parlano sui media (compreso questo), non ho certezze su di me. Figuriamoci se ho consigli da dare a chi si trova sotto le bombe, in trincea o ha abbandonato la propria casa.





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