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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Il lungo Natale

I cieli sereni dovrebbero proseguire nell’Alto Piemonte anche nel fine settimana. Il barometro guarda invece già in direzione del Natale.


Confesso che l’altro giorno sono andato a comprare il muschio (la vulgata ambientalista da qualche anno ha scavato in me facendomi abbandonare le tradizioni paterne di raccolta nei boschi). Il mio obiettivo è realizzare già nei prossimi giorni il presepe (della famiglia sono io l’unico esponente dell’ala presepista).


La domanda è: capita solo a me di voler anticipare gli addobbi natalizi? Non so se è una tentazione condivisa o solo un mio impazzimento. Però, se lo fosse, possono esserci diverse spiegazioni.

1) La più banale: siamo semi-rinchiusi in casa e per impegnarci i fine settimana in famiglia va bene anche l’albero di Natale a San Martino.

2) La seconda è altrettanto scontata: negozi pieni di richiami natalizi, pubblicità online e non che invitano a portarsi avanti con i regali e così via. E, si sa, l’uomo consumatore è stimolo-risposta: un po’ cane di Pavlov, un po’ Homer Simpson.

3) C’è però una terza possibile spiegazione. Deriva dalla sensazione che questo non sarà un Natale come gli altri. Difficile immaginare, causa Covid-19, cene aziendali, aperitivi della vigilia, spumanti, vin brulé o panettoni di mezzanotte, tavolate di parenti e affini.


Sono quei momenti per i quali sei pronto a spergiurare che "l’anno prossimo mai più” e poi invece, 12 mesi dopo, non riesci a farne a meno, perché anche lo spirito, natalizio o meno che sia, per manifestarsi ha bisogno di incarnarsi, cioè di pratiche umane (abitudini, tradizioni, eventi).


La mancanza di queste manifestazioni natalizie sappiamo, a livello più o meno conscio, che rappresenterà una mancanza e qual è un modo per sublimare l’assenza di qualcosa o di qualcuno? Per esempio, continuarne a parlare, far finta che non sia successo alcunché, attaccarsi a un feticcio che lo rappresenti.


In questi casi scatta un simile pensiero: il Natale vero non ci sarà, ma non me ne accorgerò, perché, quando arriverà, l’attesa sarà già stata consumata da tanti piccoli natali, da un rumore di sottofondo di festività, da un natale perenne.

Non posso avere un Natale pieno? E allora ecco che ne prendo piccole dosi omeopatiche ogni giorno. Una sorta di placebo. Cioè una sostanza priva del principio attivo ma grazie alla quale posso illudermi di guarire dalla scomparsa del Natale. Come? Immaginando che il 25 dicembre duri un mese. Con i primi rintocchi in questi giorni di fine novembre. E il rischio di trigliceridi da Guinness a fine anno. Ebbene sì, ho già iniziato anche con il panettone.





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