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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

I nipotini di Trilussa

Previsto un fine settimana di cieli sereni sull'Alto Piemonte. Il barometro del giovedì segnala invece che uscito in questi giorni un libro di Donata Columbro, “Ti spiego il dato”, che analizza come utilizzare numeri e statistiche varie che ci vengono propinati cercando di coglierne il senso e senza distorsioni.

Perché di fronte ai dati che cercano di fotografare la realtà restiamo nipoti di Trilussa e della sua celebre poesia sulla statistica, quella che ricorda che se in media si mangia un pollo e tu non l’hai mangiato, c’è chi ne ha mangiati due.


I versi del poeta cantore del romanesco avevano il gusto dissacrante di raccontare come l’utilizzo dei numeri per rappresentare la realtà potesse avere una funzione mistificatoria (essere usati dal potere per giustificare risultati ideologici).

Il fatto è che molti di noi, anziché cercare di approfondire i dati, hanno dedotto che le statistiche sono inutili, che vale solo la propria percezione personale, per cui di un fenomeno sociale non interessano i dati, importa la nostra esperienza o quella narrata da chi conosciamo (succede con i delitti, con le malattie e con ogni cosa diventa allarme per noi, perché ha toccato le nostre vite, o viceversa non ci interessa perché quel problema non ci ha mai sfiorato).


È un meccanismo istintivo, sacrosanto, persino legittimo se si disserta di questioni socio-economiche al bar. Il problema nasce quando si diventa classe dirigente e si pensa che governare sia basarsi sulla propria esperienza, proseguire il dibattito iniziato al bar su quello accaduto a mio cugino, anziché cercare di tenere insieme le diverse visioni del mondo presenti nella società. Senza abbandonare i dati, ma cercando di coglierne il senso.



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