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  • Immagine del redattoreAndrea Dallapina

Fuori dalla finestra

Nell'Alto Piemonte previsto un fine settimana con massime in diminuzione, cieli coperti o poco soleggiati, ma niente precipitazioni. Il barometro del giovedì oggi è invece dedicato al lavoro.

Finite le feste si torna al lavoro, si diceva un tempo.


Ma è davvero così, il tempo del lavoro, quello contrattuale per intenderci, è facilmente determinabile? Oppure le prestazioni lavorative che offriamo per un certo numero di ore, e che ci vengono retribuite, dovrebbero tenere conto anche del tempo che coltiviamo nell’informarci, nell’aggiornarci, nel tessere relazioni, nell’allenarci allo stare al passo con i tempi? Intendo quelle cose che vengono definite “soft skills”, competenze flessibili o adattive: il saper cooperare, l’interagire, prendere decisioni, ecc., detto altrimenti la professionalità, quella che tutte le aziende richiedono ma che non fa parte di nessuna specifica voce salariale.


Il vero tema del lavoro non dovrebbe essere quello di determinare se e quali sussidi destinare a chi è senza lavoro, ma trovare un modo per remunerare o dar valore a tutta quell’attività extralavorativa (che compiono anche i disoccupati o inoccupati che dir si voglia) e che è, però, la condizione affinché si possa lavorare, si sia in grado di realizzare la propria attività specifica.


Quante ore dedica un professionista al suo lavoro che non vengono fatturate, quante ore un giornalista, un insegnante, un funzionario, un commerciante, un coltivatore, un imprenditore, un impiegato, un operaio? Molti già lo sapevano, altri l’hanno visto chiaramente con la pandemia e lo smart working, quando tempo e luogo del lavoro si sono fusi con tempo e luogo dell’abitare e del vivere.


È il famoso “non staccare mai la spina”, poiché la nostra mente è plastica e non è a compartimenti stagni, non ha hard disk scollegabili, ma tutto ciò, come può essere quantificato quando si parla di lavoro salariato?


Un esempio esiste, è quello dell’artista, quando compriamo un’opera d’arte non compriamo il tempo necessario per realizzarla o il valore del materiale, ma anche tutto quel tempo che l’artista ha speso, come diceva lo scrittore Konrad, a guardare fuori dalla finestra. Lui però si domandava come spiegare alla moglie che anche quello era lavoro, riusciremo a spiegarlo noi agli economisti?



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